Ritrovare la memoria grazie ad un libro, La lentezza della Luce

Spesso i libri sono degli ottimi vettori spazio-temporali, questo di Michele Dalai mi ha riportato indietro di circa trent’anni, ero sulla banchina del porto e provavo a darmi un tono da sportivo praticante cercando d’infilarmi in una di quelle strettissime imbarcazioni utilizzate dai canottieri per solcare l’acqua alla ricerca di un traguardo da raggiungere.

Alto e grosso, a dieci anni sembravo un quindicenne risparmiato dai foruncoli, ero l’unico che giocava a calcio indossando la maglietta di papà perché era la sola che mi andava “a soddisfazione”, non la scorderò mai, era azzurro sera con il colletto bianco, talmente pesante e rigida da sembrare uno scafandro. Indossandola, la mia velocità di crociera in mezzo al campo era quella di un cartonato pubblicitario.

L’allenatore aveva ripetuto come un mantra la procedura da seguire per salire a bordo del singolo senza fare danni: “Totò, concentrati e cerca di essere coordinato, prima il culo sul carrello, afferra i remi e poi entra con le gambe, fai attenzione a non inclinarti troppo altrimenti fai ‘na figur ‘ merd”. E’ così accadde, l’acqua verdacea del porto mi accolse sardonica restituendomi al resto della truppa inzuppato fradicio e senza alcuna dignità da difendere.

Quel mattino terminò la mia esperienza da canottiere e capii che per lo sport sarei stato poco meno di una comparsa ma che lo sport sarebbe stato per me un amico prezioso, la cosa importante è sceglierseli bene gli amici e non pretendere mai troppo da loro.

Ha proprio ragione Michele Dalai, ci vuol talento anche nel non avere talento, nel conoscere i propri limiti per riconoscersi e fare pace con il proprio modo di essere.

La lentezza della luce è scritto bene, non è paraculo ma sa di un buono che oggi pare essere (purtroppo) fuori moda. In un mondo dove la dedizione e il sacrificio sembrano avere senso solo se si vince, raccontare dell’Aurora Desio o di Zola Budd è un atto di coraggio e io amo i coraggiosi!

lalentezzadellaluce